Il famoso filosofo cinquantunenne svedese Nick Bostrom già dieci anni fa nel suo “Superintelligence: Paths, Dangers, Strategies” (2014) affermava che una superintelligenza artificiale potrebbe comportare per l’essere umano un pericolo maggiore di qualsiasi altra invenzione della storia umana. Così scriveva: “Di fronte alla prospettiva di un’esplosione dell’intelligenza, noi umani siamo come dei bambini che giocano con una bomba, tale è la sproporzione tra il potere del nostro giocattolo e l’immaturità del nostro comportamento. La superintelligenza è una sfida per la quale non siamo preparati, e non lo saremo per molto tempo ancora. Non abbiamo idea di quando avverrà l’esplosione, però se avviciniamo l’orecchio al dispositivo, possiamo sentire un lieve ticchettio”.

Siamo oggi un po’ più preparati dalla data di quell’affermazione, seppur da considerare esageratamente pessimistica? Non credo, siamo solo un po’ più abituati ad alcuni usi pratici applicativi di questa evoluzione scientifica-commerciale. Basti pensare, solo per fare un esempio, all’uso che facciamo quotidianamente dei nostri smartphone e come questi stanno modificando sempre di più i nostri comportamenti nel lavoro, negli affetti, nel tempo libero, nella ricerca, nel linguaggio, nella comunicazione, nelle applicazioni generative, etc. Anche Stephen Hawking ha messo in guardia riguardo ai pericoli dell’I.A. considerandola una minaccia per la sopravvivenza dell’umanità. Egli fu autore, infatti, insieme ad altre personalità e allo stesso Nick Bostrom, nel gennaio 2015, di una celebre lettera aperta.

A queste avvertenze, l’Europa, primo continente al mondo, è intervenuta recentemente, a seguito dell’esplosione dell’I.A. e di quella generativa soprattutto avvenuta nel 2023, con il suo A.I. Act, consapevole dell’esistenza dei rischi sull’uso dell’I.A. e della necessità di costruire un sistema di regole cogenti. Regole volte a garantire il rispetto di importanti diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto nell’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale.  Comunque, non dobbiamo lasciarci prendere dall’angosciante pessimismo e interagire con la realtà augurandoci che i rischi possano essere adeguatamente mitigati con una responsabile guida da parte della comunità scientifica, dai politici e dagli utilizzatori in generale. Vanno pertanto considerati gli enormi evidenti benefici che l’utilizzo dell’I.A. offre nei più svariati campi: primo tra tutti quello sanitario. Nessun medico, neanche il più bravo di tutti, può essere in grado di competere con una I.A. capace di elaborare e mettere in relazione una quantità di dati oggettivi, esperienziali, di dimensione stratosferica. La conseguenza di tale elaborazione permetterà di ridurre gli errori nelle diagnosi e negli interventi fornendo al professionista corrette informazioni sui casi sanitari da trattare.

Tornando sul nostro terreno possiamo affermare che l’uso dell’intelligenza artificiale per i consumatori avrà sempre più un impatto determinante. Tutti i nostri comportamenti relativi a gusti, tendenze, abitudini, debolezze, … sono ormai noti e vengono utilizzati dai detentori di queste informazioni per “addestrare” gli algoritmi al fine di dare le coordinate al mercato della produzione, della vendita, dell’organizzazione. Le nostre tesserine fedeltà, le nostre ricerche su internet, i filmati su cui ci soffermiamo, forniscono ai produttori di beni e servizi tutto ciò che serve per farci contenti e indurci a consumare sempre di più i loro prodotti con la conseguente creazione di nuovi ed effimeri bisogni. Il riscatto del consumatore consapevole ha vita dura per affermarsi. Occorrerà investire sull’Intelligenza Artificiale per la difesa e il rispetto del consumatore.

Per concludere, un appunto a cui non riesco a darmi una risposta convincente. Ultimamente si è sentito parlare di robot in grado di somigliare tanto all’uomo o alla donna quasi da non renderli distinguibili dal reale. Perché fare la macchina, dotata di intelligenza artificiale, uguale all’uomo? Non comprendendone la finalità voglio pensare che sia un capriccio dello scienziato.


Angelo D’Adamo