Dalla fine dell’anno scorso sono scadute le convenzioni per la gestione dello SPID per tutti gli enti che fornivano l’identità digitale ai cittadini, come Poste Italiane, convenzioni che difficilmente verranno rinnovate dati gli alti costi di servizio. Dopo la proroga della scadenza ad Aprile 2023, si rende ora quantomai necessaria una soluzione alternativa, dato che gli SPID provider hanno in mano lo strumento attraverso il quale milioni di cittadini accedono quotidianamente ai servizi pubblici.
Alessio Butti, sottosegretario all’Innovazione e trasformazione digitale, già a dicembre aveva dichiarato la volontà di istituire un’identità digitale, nazionale e gestita dallo stato, nominando poi il 23 febbraio 2023 una commissione di esperti per trovare una soluzione condivisa. Il risultato potrebbe rivelarsi l’Identità Digitale Nazionale (IDN), progetto con lo scopo di unificare SPID e CIE in un’unica app, anticipando di fatto l’Identità Digitale Comune, operazione già in cantiere alla Commissione Europea.
Se da un lato la prospettiva di uno strumento unico risulta promettente non bisogna trascurare la posizione dei cittadini. Quest’ultimi si ritroverebbero a dover imparare uno strumento completamente nuovo, rendendo di fatto vani i grandi sforzi compiuti per adattarsi a SPID e CIE, per i quali abbiamo anche realizzato appositi sportelli. Un’altra possibile problematica è l’insorgenza di applicazioni doppioni, in quanto l’IDN potrebbe cozzare con l’identità digitale comune, ponendo i cittadini in una situazione di confusione, soprattutto nelle fasce con meno alfabetizzazione tecnologica.
In questo dibattito deve quindi essere primario il punto di osservazione del cittadino, decisivo per il successo di una trasformazione digitale compiuta, concreta, di qualità e alla portata di tutti.
Christopher Sicuro