I nodi sono venuti al pettine: non sono un bene rifugio come volevano farci credere. Non sono affatto facilmente vendibili; l’originario certificato di deposito e addirittura la classificazione della gemma possono essere variati e non si apprezzano nel tempo; in sintesi: non danno le certezze promesse.
Dopo le pesanti sanzioni dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (peraltro impugnate) alle società IDB e DPI, che gestiscono le compravendite di diamanti, e alle 4 banche coinvolte (Intesa San Paolo, Unicredit, BPM e Monte Paschi), alcuni di questi istituti di credito (Intesa San Paolo, Unicredit, BPM) hanno iniziato a valutare operazioni di risarcimento dei danni.
A fronte delle molte contestazioni mosse da diversi risparmiatori, infatti, abbiamo ottenuto il rilevante risultato di convincere le banche che avevano intermediato o comunque promosso il collocamento dei diamanti presso il pubblico a risarcire integralmente il cliente che ne abbia richiesto la vendita e il cui ordine sia rimasto disatteso o al quale sia stato risposto che il suo “bene rifugio” aveva drasticamente perso valore.
Dopo Banca Intesa, anche Unicredit ha deciso di ristorare i propri clienti, nel caso in cui il mandato a vendere le gemme sia rimasto inevaso per più di 4 mesi. Anche BPM sta valutando quali misure di ristoro concedere, dopo il vivace incontro degli ultimi giorni di gennaio con i vertici di Federconsumatori. Al momento MPS non mostra alcuna disponibilità ed occorre quindi inviare lettere di contestazione lamentando i danni subiti.
Invitiamo quindi i risparmiatori che siano stati vittime di vendite spregiudicate e che si siano visti ridurre il valore del proprio capitale e/o che non riescano a vedere le gemme a rivolgersi ai nostri sportelli al fine di ottenere aiuto e consulenza.