È stato approvato di recente dalla Camera dei Deputati il disegno di legge Gelli che si pone quale obiettivo quello di riformare la responsabilità medica determinando così inevitabili ricadute sul paziente e sul sistema sanitario. In estrema sintesi tale normativa va a ribadire la centralità del diritto alla salute e dunque alla sicurezza delle cure istituendo quale garante il Difensore civico che ogni Regione può costituire nonché l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza nella sanità il quale ultimo avrebbe la funzione di raccogliere i dati regionali in materia di errori sanitari e di contenzioso al fine di prevenire e gestire il rischio sanitario e formare e aggiornare adeguatamente il personale. In punto responsabilità per danni cagionati dall’attività medica prevede però il disegno di legge in discussione il “doppio binario”, così proponendosi di modificare l’assetto normativo e giurisprudenziale consolidatosi sino ad ora che prevede che il medico, in quanto titolare di una posizione di protezione nei confronti del paziente non può che rispondere direttamente, come qualsiasi altro professionista, degli errori che commette in forza dell’obbligazione che assume nei suoi confronti.
Invece il disegno di legge prevede che le strutture sanitarie rispondano in caso di errore medico a titolo di responsabilità contrattuale mentre il sanitario (non libero professionista), che svolge la propria attività presso le strutture sanitarie o in rapporto convenzionale con il servizio sanitario nazionale, risponda per fatto illecito ex art. 2043 c.c. Ciò ha la conseguenza di imporre al danneggiato l’onere di provare egli stesso la responsabilità del medico e dunque la colpa di quest’ultimo mentre fino ad ora il danneggiato doveva provare unicamente il danno e il medico doveva invece provare l’assenza di colpa. A ciò si aggiunga il fatto che il disegno di legge Gelli prevede la vincolatività per il medico delle linee guida che pertanto se rispettate conducono a escludere la responsabilità sia della struttura sanitaria che del personale sanitario. Viene altresì previsto che la struttura sanitaria abbia azione di rivalsa nei confronti del medico solo nei casi di dolo o colpa grave e viene proposto l’inserimento nel codice penale dell’art. 590-ter volto a sanzionare l’esercente la professione sanitaria che cagiona la morte o la lesione personale del paziente a causa della colpa grave, esclusa quest’ultima dal rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali e delle linee guida. Da ultimo si ricorda come tale Disegno di legge preveda oltre al tentativo di conciliazione obbligatorio anche la costituzione di un Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria.
Orbene, da tutto quanto sopra emerge come con tale proposta di riforma, pur riaffermando la centralità del diritto alla salute, si voglia giungere ad una deresponsabilizzazione del medico e alla riconduzione della figura dell’operatore sanitario a un mero esecutore di procedure già predefinite. Attenersi infatti alle linee guida, pur in caso di esito infausto, comporterebbe la mancanza di responsabilità in capo al sanitario. Ci troveremmo dunque per assurdo, se tale impianto normativo dovesse divenire realtà, a vedere il medico rinunciare a porre in essere trattamenti differenti da quelli previsti dalle linee guida anche se ciò, secondo la sua esperienza, sarebbe richiesto nel caso di specie. Evidente è dunque come una simile previsione porterebbe l’intero personale sanitario ad adagiarsi sulle procedure dall’alto calate. Non vale per altro a giustificare una tale riforma l’asserita volontà di combattere la medicina difensiva ovvero l’accrescimento dei contenziosi in materia. Si ricordi infatti che questi ultimi dal 2010 registrano un sensibile calo mentre per quanto riguarda i primi l’unico mezzo è l’accrescimento della conoscenza. La vera esigenza dunque è la razionalizzazione dei costi relativi alla spesa sanitaria che però in questo modo potranno trasformarsi in ricadute sulla salute dei pazienti. Bene invece l’idea della costituzione di un Fondo per i risarcimenti mentre si continua a insistere per un’affermazione del ruolo delle associazioni dei consumatori nella gestione del contenzioso stragiudiziale essendosi ad oggi rivelatesi di poco conto le esperienze legate alla costituzione del difensore civico.
Barbara Puschiasis