In una lettera indirizzata alla Commissione Europea da parte delle grandi aziende europee nel settore delle telecomunicazioni, viene proposto che i giganti del web – come ad esempio Amazon, Google, Netflix e Meta – contribuiscano ai costi di rete e della realizzazione di infrastrutture per le telecomunicazioni in Europa, in quanto responsabili di un ampio uso di rete da parte dei loro utenti, che si aggira – secondo uno studio realizzato da Axon Partners per Etno – attorno al 55% del totale del traffico dati. Se la proposta di una “tassa di rete” appare inizialmente come favorevole allo sviluppo delle infrastrutture europee, essa cela dei rischi per gli utenti finali del servizio.

Matt Brittin, presidente di EMEA Business & operations di Google, risponde prontamente ricordando che le argomentazioni delle grandi aziende telco europee sono le stesse di 10 anni fa, e che non sono ancora presenti nuovi dati in grado di dimostrare la presenza di una situazione differente. Brittin, citando un rapporto del BEUC che sostiene preoccupazioni analoghe, sottolinea come questa proposta potrebbe andare a svantaggio dei consumatori, soprattutto in un momento di pressione economica come questo. L’introduzione della “tassa di rete” andrebbe a danneggiare direttamente i consumatori, in quanto il contributo richiesto alle big tech comporterebbe un probabile aumento dei prezzi proposti agli utenti. Google evidenzia inoltre come un coinvolgimento finanziario delle Big Tech sarebbe un fattore di rischio per la neutralità di rete in Europa, in quanto si andrebbe a favorire o limitare il traffico di rete con lo scopo di privilegiare il mittente che finanzia le infrastrutture, a discapito degli altri.

L’associazione MVNO (Mobile Virtual Network Operators) interviene aggiungendo che uno dei possibili risultati di tale intervento sarebbe una distorsione del mercato: senza garanzie sull’utilizzo dei fondi da parte delle aziende telco si finirebbe per rafforzare la loro posizione sul mercato, aumentando la possibilità di una loro egemonia dello stesso, con evidenti conseguenze per il consumatore che si troverebbe costretto ad accettare le condizioni degli operatori telco più grandi. A favore di questo punto MVNO fa presente che in Italia e Germania l’operatore storico è già stato in grado di esercitare il suo potere di mercato rifiutando il peering diretto di internet, costringendo i piccoli fornitori a pagamenti supplementari. A rischio è anche la sicurezza dei dati, in quanto una delle compagnie tassate, in reazione alla stessa, potrebbe scegliere di utilizzare il transito e trasporto internazionale per fornire traffico internet al di fuori dell’UE, evitando così la giurisprudenza europea e l’applicazione della suddetta tassa, a discapito della sicurezza dei dati degli utenti e della qualità del servizio.

E in Italia, quali sono le posizioni?“ Credo che un contributo da parte delle Big Tech agli investimenti sulla rete realizzati dalle tlc sia assolutamente necessario”, ha detto da Milano il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Urso è convinto che questo possa “contribuire in maniera significativa” rispetto “al carico che viene attribuito alla rete, allo sviluppo e al sostegno del nostro sistema delle telecomunicazioni, quindi siamo d’accordo”. Il governo starebbe, quindi, lavorando ad alcuni emendamenti alla legge di Concorrenza in discussione alla Camera. Anche Mario Draghi, nel suo rapporto sulla competitività, ha inserito tra le raccomandazioni la richiesta di un contributo da parte delle grandi società tecnologiche allo sviluppo e al mantenimento della rete.

Christopher Sicuro